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domenica 12 giugno 2011

Perchè in Italia è difficile fare riforme importanti?

Il professor Ernesto Galli Della Loggia torna ad alti livelli con questo editoriale sul Corriere della Sera:


Scrive Della Loggia:

"Che cos'è che in Italia impedisce di «fare le riforme»? La risposta è semplicissima: la loro impopolarità. Ci troviamo ad essere strangolati da un paradosso micidiale: proprio perché sono così vitalmente necessarie, le «riforme» suscitano un'opposizione fortissima in grado di bloccarle. Enormemente più forte che in altri Paesi, questo è il punto. Ciò accade perché altrove, in genere, una riforma vuol dire un provvedimento impopolare sì, ma che non cambia le regole del gioco, non cambia il principio sul quale la società è costruita. Da noi invece no. Le riforme di cui noi abbiamo più bisogno, infatti, sono quelle che dovrebbero rompere proprio il meccanismo con cui funziona la nostra società, mutarne alla radice lo spirito e la mentalità. Quando in Italia si dice «riforme», bisogna esserne consapevoli, si dice in realtà «rivoluzione». E la più difficile tra le rivoluzioni: quella culturale".


"Qualunque sia il provvedimento a cui si pensi per modernizzare il Paese, per rimetterlo in carreggiata, ci si accorge subito, infatti, che esso va immancabilmente a colpire uno dei tre pilastri sui quali si regge gran parte della società italiana: il privilegio, il corporativismo, la demagogia". 
"In Italia qualunque individuo così come qualunque istituzione, qualunque impresa capitalistica non sopporta né il merito, né la concorrenza, né controlli indipendenti. Qualunque categoria, qualunque organismo non sogna altro che monopoli, numeri chiusi, carriere assicurate, condoni, esenzioni, ope legis, proroghe, trattamenti speciali, pensioni ad hoc, comunque condizioni di favore. E quasi sempre ottiene quanto desidera. Ricorrendo, come ho detto, all'arma vincente della demagogia. Specie a partire dagli anni Settanta, infatti, corporativismo e privilegi hanno progressivamente soffocato la società italiana costruendo (o avvalendosi di già pronte) costruzioni ideologiche menzognere, le quali avevano regolarmente al proprio centro i «diritti», la «democrazia», la «solidarietà»: parole d'ordine, discorsi, che agitando ogni volta la bandiera del bene e del giusto in realtà sono serviti unicamente a promuovere il più spietato particolarismo o a saccheggiare le casse pubbliche. Spessissimo a tutte e due le cose insieme".
"È contro questa autentica muraglia socio-culturale - la quale nella sua essenza non è né di destra né di sinistra, potendo essere indifferentemente entrambe le cose - che da decenni s'infrange, o meglio si spegne appena levatosi, qualsiasi vento riformatore italiano. L'imponenza di quella muraglia, infatti, ha l'effetto di porre in una condizione di eterna minoranza la dimensione del bene comune, dell'interesse collettivo, che in tal modo non riesce ad avere alcun peso politico determinante. È per questo che le riforme non si fanno, e in particolare non si possono fare proprio quelle che ci servirebbero di più".
"Il dispositivo corporativistico-demagogico-antimeritocratico è divenuto lo strumento grazie al quale da due decenni il cuore maggioritario della società italiana reale neutralizza la sfera della politica, imponendo in cambio del proprio consenso la sua impotenza. Lo strumento grazie al quale essa neutralizza di fatto tanto la destra che la sinistra all'insegna della loro comune, certificata, impotenza; grazie al quale, infine, ne cancella i profili, ne vanifica identità e programmi. L'iperpoliticismo resta sì, dunque, come un carattere tipico della sfera pubblica italiana. Ma esso non è più il predominio del comando politico sulla società, com'è stato fino alla fine della prima Repubblica. Ora è piuttosto la penetrazione/subordinazione capillare e diffusa, l'uso continuo della politica da parte delle infinite articolazioni corporativo-antimeritocratiche della società. La quale realizza per questa via una sua antica vocazione: servirsi del potere, disprezzandolo".
Ernesto Galli Della Loggia


Si tratta di considerazioni amare ma lucidissime, anche se non interamente condivisibili. Resta a nostro parere esatto il rilievo fondamentale che emerge da esse: in Italia manca una cultura liberale diffusa e questo difetto blocca lo sviluppo delle tante potenzialità che la nostra società presenta. Le ragioni principali di ciò vanno trovate nella nostra storia recente. Nella egemonia culturale di una sinistra illiberale che, dopo la chiusura imposta dal fascismo, ha ostacolato con efficacia l' accesso dei nostri giovani al grande pensiero liberale classico e contemporaneo.

domenica 5 giugno 2011

Il Popolo della Libertà si rinnova per tornare a vincere. Le primarie.

Nel PdL si riflette sulla recente sconfitta elettorale e si lavora al rinnovamento del partito  per tornare alla vittoria. Il nuovo segretario Alfano, il ministro Frattini e il senatore Quagliariello propongono il ricorso al  sistema delle primarie, tradizionale nella democrazia liberale americana.
Scrive Quagliariello:


"Sarebbe un bel segnale se fosse proprio il PdL a promuovere una legge sulle primarie, prevedendo che esse siano aperte non solo ai tesserati ma anche alla partecipazione di cittadini che si siano preventivamente registrati in appositi albi, entro termini sufficienti a scongiurare il pericolo di inquinamenti o di risultati falsati".

Queste le riflessioni del ministro Frattini, tratte dal suo blog Diario Italiano:



CON LE NOMINE DALL' ALTO FINIAMO IN BASSO


RIFLESSIONE SULLE PRIMARIE.

La procedura della cooptazione va superata. Serve un bagno popolare che riavvicini il partito ai suoi iscritti e agli elettori 


Libero Quotidiano, 4 giugno 2011
di FRANCO FRATTINI 

PRIMARIE PERCHÉ? Perché nel momento in cui Berlusconi pensa al futuro della famiglia italiana del Ppe e a mettere mano ad un cambio di passo della nostra esperienza di governo e di partito, vi è solo un meccanismo che possa misurare il carisma dei suoi dirigenti e dei suoi rappresentanti nelle istituzioni: elezioni dirette, primarie. Vedremo poi quante varianti preveda questo meccanismo, meno semplice e semplicistico di quanto non si pensi, e tuttavia comunque virtuoso. Ma è indubbio che la procedura della cooptazione che ha fin qui prevalentemente ispirato le scelte di partito e la selezione del suo personale politico (talora anche contro l' indicazione di Berlusconi, come in qualche candidatura regionale, guai a dimenticarlo!) ha ora bisogno di quel bagno popolare che riavvicini il partito ai suoi iscritti ed agli elettori. 

PARTITO LEGGERO È un cambiamento che dobbiamo promuovere tutti insieme, in questi giorni di ritrovata unità attorno alla nuova figura del segretario politico, Angelino Alfano. Per rimediare agli errori che il vecchio sistema ha prodotto e che ora paghiamo elettoralmente, e per determinare finalmente il salto di qualità della nostra forma partito che da tempo molti di noi invocano. E che pure ha visto nel dinamismo delle aggregazioni che la affiancavano (i Club, i Circoli, le Fondazioni) momenti e occasioni originali e felici di una storia politica, la nostra, giovane e però radicata. Si tratta di sviluppare e completare la nostra stessa intuizione originaria di partito dalla struttura "leggera" e vicina agli elettori (proprio in risposta al tracollo dei partiti della prima repubblica ed alla professionalizzazione della politica). Una struttura orientata alla ricerca del consenso elettorale e capace quindi di trarre – proprio dagli appuntamenti delle primarie - uno stimolo ulteriore ed una ritrovata partecipazione nei simpatizzanti e negli elettori che sono stati in questi anni sempre meno protagonisti nel partito: nella scelta dei programmi, nelle poche iniziative delle sue strutture.

Bene le primarie, quindi, come strada maestra per rafforzare la democrazia interna del Pdl. Dobbiamo affrontare questa svolta e questa importante innovazione con una disciplina rigorosa che imponga regole chiare e condivise al meccanismo e permetta ai candidati scelti di assolvere alle loro funzioni nel modo più "pulito" e trasparente possibile. Parlare di primarie significa intanto guardare all' esperienza ed ai modelli della democrazia in America. Parlare di un regolamento delle primarie significa introdurre una riflessione all' interno del Pdl per sciogliere nodi e interrogativi che le molte e diverse esperienze americane hanno conosciuto a partire dai primi anni del '900.

Innanzitutto riguardo alla platea dei votanti: lasciare l' accesso libero a tutti (primarie aperte), o circoscrivere la partecipazione ai soli tesserati o a tutti i militanti del partito, comprendendo, quindi, tutti i club, i circoli ed i movimenti ad esso affiliati. Dovremmo anche decidere quale sarà l'età minima di riferimento dei votanti. Quanto all'identificazione ed al diritto di voto: dobbiamo lasciare che gli elettori si presentino semplicemente ai gazebo muniti di documento di riconoscimento e tessera elettorale, o - ispirandoci al sistema americano dove il fattore tempo è essenziale - dobbiamo richiedere all' elettore che si registri qualche mese prima delle primarie per ottenere successivamente il nulla osta al voto? Dobbiamo poi pensare a come entrare in una sempre miglior sintonia con il mondo dei giovani e dei loro lingua, le loro forme di aggregazione: prevedere quindi la possibilità di esprimere un voto online. Ancora si potrebbe prevedere che, nel registro elettorale, venga chiesto all' elettore di specificare se voglia registrarsi come affiliato al partito o come indipendente. E poi: c'è il nodo finanziamento per stabilire l' ammontare della quota simbolica da versare. Infine dobbiamo prevedere un organismo di controllo - interno o esterno al partito - che sovraintenda alle operazioni di voto e successivamente ne certifichi la correttezza, onde evitare di incappare in grottesche beffe, come quella dei quattro milioni di voti non verificati (primarie dell' Unione 2005) e quella ancor più recente delle "percentuali bulgare" alle primarie del Comune di Napoli (con il voto di simpatizzanti cinesi incredibilmente affannati a votare Pd). 

UN MOLTIPLICATORE Le primarie sono, in conclusione, un acceleratore del modello carismatico - che Berlusconi ha modellato con Forza Italia - ed un moltiplicatore anche e soprattutto locale della domanda di partecipazione. Creano una nuova sussidiarietà politica, e la costruzione delle loro regole è un primo impegnativo compito su cui misurarsi, capace di forgiare il partito di domani e di rendere nello stesso tempo un servizio alle istituzioni della politica di un' Italia moderna.


Franco Frattini